Calabria prima italia

Dalle origini del nome ITALIA

 alla Guerra Sociale

Lo scontento generale diffusosi tra le popolazioni italiche ed il mancato consenso del senato di Roma alla loro richiesta di cittadinanza romana, provocò una vera e propria insurrezione: Piceni, Vestini, Peligni, Marsi, Marrucini, Frentani, Sanniti e, più a Sud, Lucani e Apuli, si ribellarono contro Roma.

Ebbe inizio così quella guerra che fu detta "bellum sociale". I popoli che in passato avevano combattuto insieme il terribile Annibale ed il famigerato Perseo, re dei Macedoni, diventarono acerrimi nemici.

Nel 90 a.C., i ribelli istituirono un primo nucleo di Stato italiano eleggendo come capitale Corfinium, ribattezzata Italia, che per la prima volta nella storia indicava il nome della patria comune a tutte le genti della penisola che si erano contrapposte a Roma. Fu eletto un senato di 500 membri, 2 consoli, il marso Quinto Poppedio Silone ed il sannita Caio Papio Mutilo, e 12 pretori.

Italia è la Capitale Corfinio, il cui nome deriva dal culto dei geni Italici Cerfi, fu scelta non solo per la sua ubica-zione centrale (si trovava al termine del valico montano tra il Fucino e la conca Peligna, sulle rive dell'Aterno) rispetto alle popolazioni insorte, ma anche per la posizione strategica che occupava sulla via Valeria, prosecuzione della Tiburtina, percorso che collegava Roma all'Adriatico.

La neo-capitale incominciò a battere moneta per contrastare il monopolio della moneta romana e per sancire l'importanza politica che comportava la nascita di questo nuovo Stato. La prima moneta coniata mostra una testa femminile coronata di alloro con la scritta ITALIA; un'altra moneta recante la scritta VITELIU, testimonia la più antica tradizione sull'origine del nome Italia (terra dei Vitelli).

Ove ITALIA nacque

I fatti che determinarono la ribellione dei popoli italici e che portarono alla guerra contro Roma

Correva l’anno 133 a.C.

Nel senato dell’Urbe, Tiberio Gracco, tribuno della plebe, propose la Legge Agraria che limitava il possesso dell'ager pubblicus . La riforma proposta da Tiberio aveva un profondo significato politico a favore degli italici da tanti anni fedeli alleati di Roma, senza mai godere del diritto di cittadinanza romana .

Il partito dei latifondisti, gli "Optimates", che si opponeva al partito dei "Popolares" scatenò una rivolta nella quale Tiberio fu ucciso.

Il tribuno Fulvio Flacco, tra 125-124 a.C., ripropose una legge per la concessione della cittadinanza romana a tutti gli alleati italici. La proposta fu avversata e bocciata.

Nel 123 a.C., Caio Gracco fratello di Tiberio, riprese il disegno di Legge di Fulvio Flacco per riavviare l'iter legislativo. Il Concilium Plebis respinse la rogatio di Caio Gracco e questa volta fu la plebe ad insorgere. Caio vistosi sconfitto anticipò la sua sorte facendosi uccidere da un suo schiavo.

Nel 99 a.C. il tribuno Lucio Appuleio Saturnino approntò un programma rivoluzionario che prevedeva la graduale concessione della cittadinanza romana a tutti gli italici e ai latini. Subì la stessa sorte dei fratelli Gracco.

In un momento particolarmente propizio, nel 91 a.C., dove l’Urbe riconosceva alcune concessioni alle classi più povere romane Marco Livio Druso ripropose la questione della cittadinanza romana a favore dei popoli italici. Inizialmente fu approvata ma subito dopo ripresa e respinta.

Vista la marcia indietro del senato Druso decise di portare a termine il suo programma a favore degli italici anche a costo di scatenare

un grave conflitto con l'Urbe. Poppedio Silone , condottiero italico, costantemente in contatto con Druso, si mise alla testa di 10.000 uomini; marciarono per attaccare l'Urbe e per fare giustizia del torto ricevuto dal Senato. Sulle sponde del fiume Liri furono fermati dal romano Caio Domizio e convinti a tornare indietro poiché ancora nulla era stato deciso.

Nel mese di settembre del 91, nonostante l'intervento moderato del grande oratore Lucio Crasso, Roma si avvicinava allo scontro armato anche per il fatto che circolavano voci su Druso che aspirava alla tirannide.

Druso si sottomise al Senato e riprese a ricevere i postulanti. Nonostante avesse una robusta scorta fu accoltellato e ucciso a tradimento.  A Roma, per questo grave episodio, nessuno si sdegnò e non si ritenne necessario cercare responsabili e carnefice.

Con la morte di Druso tutte le speranze degli Italici morirono. Il propretore romano Quinto Servilio, con l'aiutante Fonteio e un piccolo reparto armato si recò ad Ascoli Piceno per richiamare all'ordine gli ascolani in merito ad una pratica di scambio ostaggi, vietata da Roma. I cittadini furono riuniti all'interno del teatro. Servilio pronunciò un discorso di rimprovero, ma il furore del popolo portò alla rivolta. Servilio e i suoi uomini furono massacrati e così fu anche per le famiglie romane residenti in Ascoli e per i filoromani.

Nel tardo autunno 91 a.C. i soci italici delusi dall'atteggiamento romano ed infervorati dalla vicenda di Ascoli, trasformarono la loro debole alleanza in un forte organismo militare. Fu costituita una Confederazione denominata "Lega Italica". I confederati, nel 90 a.C., fondarono una nuova Nazione eleggendo come capitale Corfinium, ribattezzata ITALIA, che per la prima volta nella storia indicava il nome della “patria comune” a tutti i popoli italici, che si erano contrapposti a Roma. Essi diedero vita ad un’organizzazione politica vera e propria, equivalente a quella romana, eleggendo un senato di 500 membri, 12 pretori e 2 consoli.

Nel nuovo Stato-Nazione furono eletti consoli il marso Quinto Poppedio Silone (principale artefice della Lega Italica) e il sannita Caio Papio Mutilo. Furono eletti pretori Tito Lafrenio, Caio Presenzio, Mario Egnazio, Marco Lamponio, Caio Vidacilio, Herio Asinio, Pubblio Vettio Scatone e Tito Herennio.

La nuova Nazione “ITALIA”  batté moneta per finanziare l’azione militare. Le monete d’argento riportavano sovente la scritta ITALIA . La Costituzione italica, che seguiva i principi del periodo delle Leghe tra le città greche, rappresentò una vera e propria innovazione nel diritto costituzionale e rappresenta, oggi, il primo importate passo per la costruzione dello stato moderno rappresentativo.

Nel 90 a.c. Roma, come prima azione militare punitiva, organizzò l'attacco contro gli ascolani. L'azione militare messa in atto da Pompeo Strabone fallì miseramente. Questa fu solo una delle tante vittorie degli italici che fecero vacillare l'Urbe.  Il console romano Publio Rutilio Lupo attaccò, in un'azione notturna, l'accampamento del pretore italico Scatone nella Valle dell'Alto Liri, ma fu sopraffatto dagli uomini italici gia informati del piano. Rutilio morì in questa operazione militare. Furono celebrati i funerali a Roma, ma questa celebrazione provocò un'ondata di cordoglio nella popolazione che spinse il senato a decretare una legge per seppellire le vittime romane nel luogo stesso di battaglia.

La guerra fu cruenta e le vittime furono tante . Roma temette di perdere il potere e i privilegi ottenuti negli anni grazie anche al precedente contributo italico. Nell’autunno dello stesso anno Sesto Giulio Cesare tornato a Roma, dopo aver vinto alcune battaglie ma anche dopo aver perso alcune occasioni, fece approvare la Lex Julia de Civitate che offriva la cittadinanza romana ad ogni popolo italico o latino che non fosse implicato nella guerra o che deponesse le armi.

Con la Legge Julia le pacificazioni furono tante e Roma poté contare su nuove risorse per la campagna militare dell'89.

Gli effetti della Legge Julia iniziarono a farsi sentire e gli italici diventavano sempre meno numericamente e sempre più deboli militarmente.

Il neoconsole  romano Pompeo Strabone intercettò una colonna di 15.000 uomini italici diretti verso l'Etruria e l'Umbria.

Strabone fece bloccare tutti i passi e gli italici furono costretti a rifugiarsi nelle cime del Gran Sasso dove a migliaia perirono di fame e di gelo.

Roma ormai militarmente superiore alle forze italiche indusse i capi della Lega a spostare la capitale da Corfinium a Bovianum (Boviano) e poi ad Aesernia (Isernia), nel Sannio. Corfinium cadde in mano romana il 30 aprile dell'89.

Nella nuova capitale gli italici ricostituirono un'organizzazione militare basata prevalentemente su forze sannite e lucane. Silone ne prese il comando. Roma a seguito dei disastrosi eventi della Guerra Sociale promulgò una legge, detta Lex Plautia-Papiria, con la quale si concedeva il diritto di cittadinanza romana a tutti i residenti nei territori italici che ne avessero fatto richiesta entro sessanta giorni dalla sua promulgazione.

 

Nell’88 a. C. le truppe romane che facevano capo al proconsole Pompeo Strabone uscirono vincitrici dagli scontri con i vestini ed infine con i peligni. Nei pressi di Alba Fucens ci fu un duro scontro fra gli uomini del proconsole Cecilio Metello e quelli di Pubblio Vettio Scatone che, accerchiato dalle forze romane, preferì farsi uccidere dal suo schiavo anziché morire per mano dei nemici.

 

Il console italico Silone continuò a lottare per la libertà e per evitare di cadere di nuovo sotto l'autorità romana ormai non più affidabile. In uno scontro con il proconsole romano Pompeo Rufo morì sul campo di battaglia, a San Paolo di Civitade, in Puglia. La morte di Silone rappresentò per gli italici l'epilogo di una gloriosa guerra, una guerra per l'inclusione sociale, una guerra per la conquista della libertà, dei diritti civili, sociali, politici ed economici, oggi conosciuti come "Diritti Umani".

 

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