i Popoli Italici
Gli Enotri
La tradizione storiografica greca, seguendo il racconto di Dionigi di Alicarnasso (storico greco vissuto a Roma tra il 60 e il 7 a.C.), chiama Enotri una popolazione che si ritiene giunta in Italia al seguito dell’eponimo eroe e condottiero Enotro. Essi provenivano dalla regione greca dell’Arcadia, nell’area centrale del Peloponneso.
Lo stesso Dionigi descrive così le vicende che portarono queste “nuove genti” sulle coste ioniche della Calabria settentrionale e della Basilicata:
“Gli Arcadi primi tra gli Elleni, attraversato l’Adriatico si stanziano in Italia, condotti da Enotro, figlio di Licaone, nato 17 generazioni prima della guerra di Troia… Enotro…, portando con sé la maggior parte della spedizione, giunse all’altro mare, quello che bagna le regioni occidentali d’Italia. E trovate colà molte terre adatte sia al pascolo che alle colture agricole, ne liberò alcune parti dai barbari, e fondò sulle alture piccoli centri abitati vicini gli uni agli altri, secondo la forma di insediamento degli antichi. E la regione occupata, che era vasta, fu chiamata Enotria ed enotrie tutte le genti su cui regna”
(Dionigi di Alicarnasso., Antiquitates Romanae, I, 11, 2-4).
I dati archeologici
Storicamente il racconto di Dionigi può essere collocato nell’Età del Bronzo Medio (XVIII-metà XIV sec. a.C.), quando effettivamente è possibile individuare archeologicamente dei mutamenti rispetto al periodo precedente, riscontrabili soprattutto nelle dinamiche insediative e di sfruttamento del territorio, sempre più stabilizzato e organizzato.
Ulteriori dati archeologici che identificano questa popolazione sono alcune caratteristiche delle produzioni artigianali, sia ceramiche sia metalliche, ma anche ben precise pratiche del rituale e della morfologia funeraria (deposizione supina entro tombe a fossa con copertura di ciottoli).
Età del Bronzo recente finale
Gli Enotri, nel periodo tra il Bronzo Recente (metà XIV-XIII a.C.) e il Bronzo Finale (XIII-XI sec. a.C.), svilupparono una fitta rete di contatti commerciali con mercanti micenei, ma anche provenienti dall’area siro-palestinese. Le produzioni vascolari locali di tradizione micenea (ceramica italo-micenea e grandi dolii cordonati, cioè enormi giare utilizzate per lo stoccaggio di prodotti alimentari, in generale granaglie), che imitano i prodotti d’importazione, testimoniano la grande capacità di assimilare e fare proprie, con varianti locali, sia le forme dei manufatti di uso comune sia quelle più elitarie.
Età del Ferro
Nella prima Età del Ferro, l’industria e le produzioni artigianali si svilupparono ulteriormente, affiancando le più tipiche attività agricole e pastorali che costituivano la base dell’economia dell’epoca. Si sviluppò una produzione ceramica particolare realizzata con argilla depurata e decorata con motivi geometrici dipinti. Inoltre notevole sviluppo ebbe anche la metallotecnica, con la realizzazione di bronzi ornamentali (fibule di fogge e dimensioni diverse, pendagli, armille, dischi decorativi), veri e propri monili dell’epoca per i corredi femminili, ma anche armi per quelli maschili, che attestavano il grado di ricchezza, il censo e l’agio raggiunto dagli individui della comunità. I ricchi corredi funerari che accompagnavano le sepolture ne sono una chiara espressione. I numerosi oggetti metallici (in massima parte in bronzo), recuperati nelle necropoli ubicate sulle colline che facevano da corona al centro di Torre Mordillo, testimoniano ampiamente l’abilità e la maestria raggiunta da questi artigiani.
Età storica
La colonizzazione greca che interessò le coste calabre e lucane a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C., con la fondazione di Sibari tra le foci del Crati e del Coscile (attorno al 720 a.C.), e delle altre colonie (Crotone, Locri, Reggio, Siri), comportò un radicale mutamento dei rapporti economici, commerciali e di controllo del territorio, da parte delle genti enotrie. La colonia di Sybaris divenuta in breve la più ricca, prospera e potente città della Magna Grecia, finì per estendere il controllo e la soggezione, coattiva o con patti di alleanza a 25 città e 4 popoli (ethne), tra questi erano certamente gli Enotri, fino ad allora padroni del territorio.
Fonte: Parco Archeologico di Torre del Mordillo
https://www.parcoarcheologicotorredelmordillo.it
Tra i fiumi Esaro e Coscile, all’interno del Comune di Spezzano Albanese, il Parco Archeologico Torre del Mordillo custodisce le tracce della necropoli enotria dell’età del ferro. Un sito dalla rilevante importanza storico-archeologica scelto da diverse popolazioni come località dei propri insediamenti, forte della sua posizione strategica per il controllo del territorio a cavallo tra la costa jonica e quella tirrenica.
I Bruzi
Popolazioni italiche (gr. Βρέττιοι; lat. Bruttii) che nel IV e III sec. a.C. formarono nella Calabria settentrionale e centrale una confederazione più volte ostile ai Romani e da questi annientata alla fine della seconda guerra punica. La successiva riorganizzazione romana del territorio affermò per l’intera regione una concezione geografica unitaria, con la denominazione Bruttii (usata sempre al plurale); limite settentrionale fu considerato il corso del fiume Lao, verso il Tirreno, e quelli del Sybaris (Coscile) e del Crati, verso lo Ionio (così in Plinio).
Precedenti denominazioni usate dai Greci riguardarono ambiti territoriali più ristretti (l’Italìa di Antioco e poi di Timeo) oppure più ampi (Oinotria, Megale Hellàs) di quello dei Bruttii, che fu aggregato alla Lucania nella terza regione augustea. Con la riforma dioclezianea il corrector Lucaniae et Bruttiorum (o Brittiorum) ebbe sede a Reggio. In età bizantina, la creazione del thema di Calabria estese tale denominazione (riservata in antico alla Penisola Salentina) alla regione in questione, soppiantando definitivamente quella di Bruttii. Il termine Bruzio (al singolare) è di formazione umanistica e di uso solo moderno.
Il popolamento è attestato nel territorio fin dal Paleolitico inferiore e documentato nel corso del Neolitico, dell’Eneolitico e dell’età del Bronzo. L’età del Ferro vide un notevole numero di insediamenti, generalmente in posizione dominante sulle alture che sovrastano le fasce costiere e di dimensioni consistenti a giudicare dalle necropoli, che forniscono la maggior parte della documentazione finora acquisita (ad es., fino a Torre Mordillo, Francavilla Marittima, Castiglione di Paludi, Torre Galli, Canale-Janchina, Sant’Onofrio di Roccella). La connotazione guerriera dei corredi maschili e l’abbondanza dei reperti di bronzo (ornamenti personali e armi, accanto alle quali si fanno via via più frequenti le armi di ferro) caratterizzano importanti aspetti della società e dell’economia. La ripresa dei contatti fra le comunità indigene e i navigatori giunti dall’Egeo e dal Mediterraneo orientale (coppa fenicia di Francavilla, skyphos mediogeometrico, scarabei a Torre Galli, a Crichi, a Francavilla, vasi di derivazione euboica e d’importazione attica a Canale-Janchina) prelude all’arrivo di consistenti gruppi di coloni greci che s’insediarono stabilmente lungo le coste dello Ionio. Sibari e Crotone, Reggio e probabilmente anche Locri Epizefirii sorsero nell’ultimo terzo dell’VIII sec. a.C.
Dalla seconda metà del V sec. a.C. la Calabria settentrionale e centrale vide la penetrazione, che sembra graduale e non traumatica, di nuove popolazioni italiche che parlavano osco e vennero dapprima definite lucane; nel 356 a.C. si formò la confederazione dei Bretti (nelle fonti greche e nelle legende delle proprie monete, in alfabeto greco) o dei Bruzi (secondo i Romani), che ebbe centro a Cosenza. Nelle aree interne il popolamento fu molto più intenso e diffuso che in precedenza; intorno alla Sila sorsero numerosi centri difesi da potenti cinte murarie (ad es., Castiglione di Paludi). I Lucani e i Bretti esercitarono una notevole pressione sulle città greche, conquistarono Laos, Terina e, per qualche tempo, Hipponion. Almeno in qualche caso i centri degli Italici presentano impianti urbanistici regolari, come a Laos e probabilmente anche a Mella di Oppido Mamertina, nella Calabria meridionale.
Molti aspetti della cultura materiale dei Bretti sono così profondamente ellenizzati da risultare pressoché indistinguibili da quelli delle poleis greche; differiscono invece i rituali funerari con la frequente presenza di armi nelle tombe maschili, che indica la voluta caratterizzazione militare dei ceti dominanti. Le complesse vicende militari e politiche del III sec. a.C., con l’affermarsi della dominazione romana in tutta la regione, avviarono una crisi che divenne gravissima con la seconda guerra punica e la successiva punizione dei Bretti alleati di Annibale: la maggior parte dei loro insediamenti cessò bruscamente di vivere e anche in città greche come Crotone e Locri vasti quartieri di abitato vennero abbandonati.
Fonte: Istituto Treccani
Conquista romana
del Bruzio
Donna Brettia - La prima donna guerriera
del mondo occidentale -
Donna Brettia è in assoluto la prima donna guerriera nella storia del mondo occidentale.
Dopo di lei, con quattro secoli di ritardo, c'è la britannica Boadicea o Budicca che, nel 54 d.C., cercò, senza successo, di liberare l’isola da Romani.
Una donna di eccezionale valore, che non ha ricevuto il dovuto riconoscimento nella storia dei popoli perché mai nessuno storico si è occupato di lei: la donna Brettia che, nel 356 a.C., ha condotto i Bruzi a liberarsi del giogo della servitù
per conquistare la libertà.
La sua colpa fu di appartenere ad un popolo , i Bruzi, che i Romani bollarono come un popolo di traditori, di inaffidabili, di teste dure, di banditi di strada, solo perché, per tre secoli, non vollero sottomettersi alla loro potenza.
Eppure per le due donne guerriere c' è stato un diverso trattamento storico. Boadicea, sconfitta sul campo di battaglia, ha vinto nella storia. Gli inglesi, infatti, l’hanno dichiarata eroina delle libertà inglesi e le hanno innalzato una statua sul Manchester Bridge ( ponte di Manchester), a lato del Parlamento inglese, ad imperitura memoria.
Donna Brettia, vittoriosa sul campo di battaglia, ha perso nella storia, a causa dell' Impero Romano, che detestava i Bruzi, e le fu destinato l' oblio totale.
Moneta Brettia
Testa di Ares, dio della guerra, con elmo corinzio
Figura di Hera Hoplosmia, armata di scudo (hoplon), elmo e lancia
La figura femminile che rappresenta la dea Hera Hoplosmia, armata di un grande scudo, una lancia e con un elmo in testa, può suggerirci quale possa essere stato l’aspetto di di Donna Brettia guerriera.
D’altronde, chi coniava le monete, non poteva che prendere spunto da figure del suo tempo...
I contenuti delle nostre pagine non potranno mai essere sufficienti a raccontare un periodo storico così lungo e pieno di eventi.
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