Musei  e parchi archeologici della Magna Grecia

Musei e parchi archeologici

I pinakes di Locri Epizephiri

Le colonie greche: Sibari

Le colonie greche: Locri Epizephiri

Tavolette votive in terracotta, recanti varie rappresentazioni a bassorilievo della vita sociale e religiosa dell'antica Locri Epizephiri, i Pinakes locresi risalgono al V secolo a.C. Nel corso degli anni sono rinvenuti oltre 5.000 frammenti presso il santuario di Persefone, tra le più alte e celebri testimonianze dell'arte della Magna Grecia di Calabria, che racconta usi e costumi tradizionali. Prodotte in serie con matrici e completate da una vivace policromia, i Pinakes sono conservati presso i musei archeologici di Locri e di Reggio Calabria. Le placchette venivano ricavate per impressioni da matrici in terracotta, che si riconducono ad artisti di pura scuola greca, e venivano poi ritoccate a stecca e rifinite da valenti artisti locali dell'argilla prima della cottura. Prodotti in migliaia di esemplari nel periodo compreso tra il 490 e il 460 a.C. i Pinakes locresi erano offerti come ex voto nel tempietto di Persefone sito sul colle della Mannella. Le tavolette, le cui raffigurazioni si riferiscono in molti casi al mito di Persefone e, in particolare, al suo rapimento da parte di Ade, dio dell'oltretomba, spaziano anche su molti altri temi e alcune di esse contengono rappresentazioni relative ad Afrodite, venerata forse accanto alla regina degli inferi nel tempio di Locri Epizefiri.

I Bronzi di Riace

Scoperte nell’agosto del 1972 da Stefano Mariottini a Riace (RC), le due magnifiche statue in bronzo furono prontamente recuperate e trasportate al Museo nazionale di Reggio Cala­bria, dove furono sottoposte ad un primo intervento di restau­ro che permise la rimozione degli strati superficiali di sabbia concrezionata.

Sono seguiti poi nuovi restauri a Firenze e an­cora a Reggio.

Numerose sono le ipotesi inerenti la loro identificazione: non è ancora stato stabilito con assoluta certezza se la coppia di statue costituisse, fin dalle origini, un gruppo unico oppure se il loro accostamento fosse stato realizzato solo in occasione del trasporto via mare. Anche l’identificazione è piuttosto incerta e dibattuta: atleti, eroi (come Agamennone e Aiace, Achille e Patroclo, Tideo e Anfiarao) o divinità (Castore e Polluce).

Lo studio delle terre di fusione ha permesso di stabilire la pro­venienza greca delle due statue, rispettivamente dall’Attica e l’Argolide. La datazione dei Bronzi di Riace è controversa. Di certo essi rap­presentano due capolavori della bronzistica del V secolo a.C

Museo Nazionale di Reggio Calabria

Già noto come "Museo della Magna Graecia", è uno dei più importanti musei dell'Italia meridionale. E' sorto dalla fusione dei vecchio Museo Civico, fondato nel 1882, e delle collezioni di opere provenienti dai ritrovamenti archeologici effettuati nella regione in circa un secolo di attività.

Noto soprattutto per la presenza dei Bronzi di Riace, sicuramente i pezzi più celebrati pur non appartenendo direttamente alla civiltà della Magna Graecia (si tratta più probabilmente di originali dell'arte greca), il Museo presenta in una visione panoramica e analitica le testimonianze delle culture preistoriche, protostoriche, ellenistiche e romane susseguitesi in Calabria. Ospitato nel palazzo costruito da Marcello Piacentini nel 1933,

il Museo si articola in diverse sezioni. La prima è dedicata all'età preistorica e protostorica, con testimonianze provenienti da Scalea, Praia a Mare, Locri, Gerace, Roccella e Paludi.La seconda sezione, la più importante e interessante, è dedicata alle

colonie greche. Qui il frutto di lunghe ricerche a Locri, Medma, Caulonia, Crimisa, Crotone, Sibari, Lao, Reggio, Metauro, Hipponium è raccolto e messo a confronto per evidenziare le diversità generate dalle differenti origini delle singole colonie, ma anche una certa omogeneità derivante dall'apporto comune ricevuto dalle popolazioni indigene al momento della fondazione, vale a dire quello che gli esperti chiamano l'elemento "italiota".

Qui si possono ammirare i corredi delle necropoli delle città greche, i resti architettonici e votivi ritrovati nei santuari, insieme a prodotti dell'arte e dell'artigianato. Tra i reperti riferibili alla colonia di Locri, spiccano i famosi pinakes, le tavolette votive di terracotta, nonché le tavolette di bronzo che forniscono utili elementi sulla vita e sull'amministrazione dell'antica città. Il patrimonio archeologico di cui è dotato il Museo è ricchissimo: vasi, ceramiche, terrecotte, gioielli, bronzi testimoniano sia l'evoluzione delle singole colonie sia l'importanza delle città.

Museo Archeologico di Crotone

Inaugurato nel 1968, questo Museo raccoglie importanti testimonianze della vita dell'antica Kroton ma anche di altre colonie magnogreche.   Nella sale si possono ammirare molti reperti della preistoria calabrese, in particolare un nucleo di ossidiana rinvenuto a Isca sullo Jonio e un cranio del Neolitico trovato presso Girifalco. Dalle collezioni civiche, tra cui vanno citate quelle Albani e Lucifero, provengono i più significativi esempi dell'arte magnogreca: matrici, ex-voto, pinakes, statuette e diversi oggetti quasi tutti risalenti al IV secolo a. C.

Dei reperti riferibili alla colonia di Kroton sono da segnalare una grande statua maschile di terracotta e una serie in bronzo che raffigura Eracle. Altre vetrine contengono importanti documentazioni relative agli scavi effettuati da Paolo Orsi all'inizio del secolo e sul tempio di Hera Lacinia.

A Crotone sono custoditi anche importanti reperti rinvenuti nel Parco archeologico della Roccelletta e riferibili alla colonia romana di Scolacium, tra cui la bellissima testa-ritratto in marmo bianco che raffigurerebbe l'imperatore Germanico. Da segnalare, infine, sempre a Crotone, gli straordinari ritrovamenti effettuati nel luglio del 1987 a Capo Colonna e costituenti il cosiddetto "Tesoro di Hera Lacinia".Si tratta: di un diadema, coronato da un doppio serto di foglie, caratterizzato da treccia a rilievo, probabilmente proveniente da un simulacro della Dea; di una piccola sfinge di bronzo; di una "Gorgone" alata; di una sirena in bronzo; di un anello d'oro con castone romboidale.

 

Museo Archeologico della Sibaritide

Un altro pezzo di storia magno-greca rivive in questo museo e nei vicini scavi dell'antica città, dove una mostra permette di ammirare le testimonianze della grandezza di Sibari e dell'estensione dei suoi rapporti commerciali e culturali.

Il Museo, inaugurato nel 1969, è ubicato nell'ex ufficio del Consorzio di Bonifica. L'esposizione è organizzata su due piani. In quello inferiore è esposto il materiale ritrovato in località "Timpone della Motta" di Francavilla Marittima, dove su un precedente impianto dell'Età del Ferro i sibariti costruirono, alla fine dell' VIII secolo a. C., un santuario. Numerose fibule in bronzo, doni votivi, ceramiche ed altri oggetti testimoniano l'arte sibarita prima della colonizzazione greca. Una differenziazione che si nota ammirando i corredi tombali esposti al primo piano, dove sono custoditi vasi, oggetti ornamentali e altri prodotti di importazione, tra cui una coppa in bronzo siriana dell'inizio dell' VIII secolo a. C. e alcuni recipienti di fabbrica corinzia.

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Antiquarium di Locri

A ridosso degli scavi del famoso tempio di Marasà e della località "Centocamere" sorge l'Antiquarium, struttura museale inaugurata nel 1971 e che accoglie, raggruppati secondo il sito di rinvenimento, importanti reperti dell'antica colonia di Locri Epizefiri. Nelle varie sale si possono ammirare statuette fittili, pinakes e ceramiche varie, nonchè una collezione di monete, strigili bronzei, vasi per unguento in alabastro.

Museo archeologico di Vibo Valentia

Istituito nel 1969 su iniziativa di alcuni appassionati, questo Museo si basa sui reperti forniti da alcune raccolte private, tra cui quelle di Capialbi e Albanese.

 

Gli oggetti provengono dall'antica città greca di Hipponion e dalla romana Valentia.

Altri reperti, rivenuti dopo il 1975 , hanno arricchito notevolmente l'esposizione, permettendo di ricostruire un altro importante tassello della storia magno-greca nella regione. Importanti vasi di produzione italiota sono esposti assieme ad una ricchissima serie di terrecotte votive del VI secolo, a reperti in bronzo e in ceramica di produzione corinzia, greco-orientale e attica.

 

In due sale sono conservati i ritrovamenti effettuati in due aree dell'antica Hipponion: vi si possono ammirare interessanti statue fittili, raffiguranti Demetra e altri frammenti di oggetto votivi. Infine, in un'altra sala, sono custoditi i corredi funerari ritrovati nell'area della città moderna, tra cui spicca un'eccezionale lamina in oro dell'inizio del IV secolo a.C. con un testo greco inciso, probabilmente la versione più antica e completa tra i testi orfici finora rinvenuti.

Parco Archeologico e Museo di Roccelletta di Borgia

Fonti antiche testimoniano la presenza di un insediamento greco nella zona della Roccelletta chiamato Skylletion , a dominio del golfo Skylletikos e dell’Istmo che, dalla valle del Corace sullo Jonio, conduce al golfo Lametikòs sul Tirreno, distante”mezza giornata di cammino”, come riferisce Aristotele

La città, posta al confine dell’Enotria, la terra del re Italo chiamata Italìa , dovrebbe essere una fondazione ateniese legata a Menesteo, all’epoca del suo nostos (ritorno) alla fine della guerra di Troia.

Una tradizione mitica, ripresa anche da Cassiodoro nel VI secolo d.C., la vuole fondata da Ulisse.

Verosimilmente la fondazione della città è da mettere in relazione con la potente polis achea di Kroton, che spingeva il suo controllo fino all’estremo sud del golfo sulla polis di Kaulon (Monasterace Marina).

Skylletion , che non ebbe ruolo di egemonia né indipendenza formale, ebbe sicuramente un valore strategico notevole, in connessione con un altro sito della sua chora (territorio) dove sono state trovate tracce della presenza greca: Santa Maria del Mare di Stalettì, in posizione arroccata a dominio del mare sottostante e dell’entroterra (dove sono note tracce di un santuario).

La posizione della città la rese ambita preda anche dei Siracusani, che in varie occasioni la strapparono al dominio di Kroton per assegnarla all’amica Locri Epizefirii e, infine, della popolazione italica dei Brettii, che la sottomisero dalla seconda metà del IV a tutto il III sec. a.C..

Al momento non sono visibili resti monumentali della polis , su cui si sovrappose la colonia romana di Scolacium.

Minervia Scolacium è il nome della colonia romana che fu fondata nel 123-122 a.C. nel sito dove precedentemente si trovava la città greca di Skylletion

La Scolacium romana ebbe vita prospera nei secoli seguenti e conobbe una fase di notevole sviluppo economico, urbanistico e architettonico in età Giulio-Claudia. Vi fu fondata una nuova colonia sotto Nerva, nel 96-98 d.C., col nome appunto di Colonia Minerva Nervia Augusta Scolacium.

In età bizantina diede i natali a Cassiodoro (487-583 d.C.), uno dei più grandi autori della tarda romanità a cui si deve una quantità di opere di carattere teologico ed enciclopedico. Il declino cominciò con la guerra greco-gotica del VI secolo d.C. e si concluse con l’abbandono della città nell’VIII secolo d.C. da parte degli abitanti, che, ripetendo una pratica comune in quell’epoca sul suolo italico, trasferirono il loro insediamento sulle alture circostanti, fondando altri insediamenti tra i quali Catanzaro Lido. I nuovi insediamento furono comunque conquistati dai Saraceni nel 902 d.C., che vi insediarono una roccaforte che fu poi conquistata dai Normanni.

Il Parco Archeologico di Scolacium si trova in località Roccelletta di Borgia, località completamente conurbata con i quartieri marinari del comune di Catanzaro. Dell’abitato preromano rimane poco; i resti visibili nel sito dimostrano l’impianto della colonia romana con i monumenti più importanti.

Tra essi vanno segnalati gli avanzi delle strade lastricate, degli acquedotti, dei mausolei, di altri impianti sepolcrali, della basilica e di un impianto termale. Il teatro poggia sul pendio naturale della collina e poteva ospitare circa 5000 spettatori. Fu costruito nel corso del I secolo d.C. e fu dotato di una nuova scena in occasione della fondazione della colonia da parte di Nerva, in concomitanza con il notevole sviluppo monumentale della città e con l’ampliamento dell’intero abitato; fu peraltro oggetto di numerosi rifacimenti successivi, fino al IV secolo d.C. Dal teatro, da rilevare, proviene la maggior parte del materiale recuperato durante gli scavi, tra cui spiccano i pregevoli frammenti architettonici e gruppi scultorei. Poco distante dal teatro si trovano i resti dell’anfiteatro, la cui costruzione risale all’epoca dell’imperatore Nerva.

 

Il Parco Archeologico di Roccelletta è stato riconosciuto “Meraviglia Italiana”

Gli scavi e l’area archeologica di Kaulon

imagesI primi scavi vennero effettuati nel 1911-1913 dall’archeologo Paolo Orsi, all’epoca Soprintendente ai Beni Archeologici della Calabria e co-fondatore del Museo della Magna Grecia.

La struttura della città prevedeva l’esistenza di un centro urbano principale, cinto da mura e posto al livello del mare, all’interno del quale era presente un tempio dorico, di cui ancora oggi sono visibili le fondamenta. Secondo gli studi effettuati, alla costruzione di questo tempio avrebbero verosimilmente partecipato maestranze provenienti da Siracusa, data l’alta quantità di calcare siceliota.

 

L’area antistante il tempio, attualmente coperta dal mare, era altresì occupata dal centro abitato, come testimoniato dai reperti ivi ritrovati, e che evidenziano la progressiva erosione della costa nell’area.

I numerosi reperti archeologici provenienti dagli scavi effettuati sul posto sono per lo più esposti al Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.

Di particolare rilievo sono due mosaici di eccezionale fattura, entrambi raffiguranti un drago, uno dei quali copre un’area di 25 mq ed è quindi considerato “il più ampio mosaico ellenistico reperibile al Sud”. Entrambi i mosaici sono attualmente esposti presso il Museo di Monasterace.

 

Il ritrovamento del 23 Luglio 2013

Il 23 luglio 2013 l’archeologo Francesco Cuteri e la sua equipe scoprono  uno dei mosaici più grandi mai rinvenuti del periodo ellenistico della fine del IV secolo avanti Cristo, che ricopre un’area di circa 35 metri quadrati.

 É stato ritrovato tra le rovine di quella che doveva essere una struttura termale. Il mosaico si articola ulteriormente in 9 quadrati policromi, e un altro spazio con una rosetta policroma all’ingresso della stanza.

Parco archeologico di Locri

Lungo la costa Jonica - a pochi chilometri a sud dell’attuale Locri - sorge il Parco Archeologico di Locri Epizefiri che, con i suoi reperti ascrivibili all’età del bronzo e del ferro, i resti della città greca con le sue mura, i santuari, il teatro, i suoi edifici privati e le numerose testimonianze di età romana e tardo antica, permette di ripercorrere oltre 4000 anni di storia.

Ai resti dell’abitato greco in località Centocamere e a quelli del Tempio di Marasà, che hanno restituito una gran varietà di reperti legati alla religiosità, all’arte e alla cultura, si sono aggiunti più di recente quelli di un santuario dedicato a Demetra Thesmophoros, tratti di mura di cinta greche e significative testimonianze monumentali di età romana imperiale, come il complesso Museale Casinò Macrì.

Il complesso si trova all’interno dell’area archeologica, nei pressi del deposito votivo dedicato a Zeus. Al suo interno sono custoditi i reperti frutto degli scavi più recenti effettuati nella zona, mentre quelli più antichi hanno trovato il loro spazio espositivo all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

 

 

 

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